Anno di fermenti ideologici e conflitti socio-politici, soprattutto a Torino, città industriale.
“Quelli che non erano di Torino ci venivano per aver conferma di quello che stava accadendo (…). Ma in definitiva non ho mai fatto un corteo. Forse non ero neanche tanto d’accordo, miravo a pensare alle mie cose che assorbivano tutta la mia attenzione”.
Sono di quell’anno la “scultura” Autoritratto negativo, il foto-montaggio Shaman-showman e infine l’altro montaggio Gemelli, che AB spedisce a una cinquantina di amici; da questa doppia immagine deriverà, nel 1971, la nuova firma “Alighiero e Boetti”.
7 febbraio, seconda personale alla Galleria Stein: l’inaugurazione viene documentata da un cortometraggio di Ugo Nespolo intitolato Boettiinbiancoenero. Nel film appare l’opera oggi scomparsa Pack, memorabile per i successivi svolgimenti del tema.
All’inizio della primavera partecipa a diverse collettive tra cui “Arte Povera” presso la Galleria de’ Foscherari di Bologna, curata da G. Celant. Espone Panettone e realizza il manifesto Città di Torino: pianta topografica della città in cui alle strade corrisponde la segnalazione colorata dei nomi degli artisti residenti, compreso lui stesso. L’edizione sarà allegata al catalogo della mostra e consegnata al pubblico.
AB è inoltre presente a due importanti collettive romane: “Il percorso” e “Teatro delle mostre”. Entrambe le esposizioni si configurano come sequenze di performance.
“Il percorso” è organizzato da Mara Coccia, direttrice della Galleria l’Arco d’Alibert, che invita i torinesi Anselmo, Boetti, Merz, Mondino, Nespolo, Paolini, Piacentino, Pistoletto e Zorio ad effettuare una sequenza di eventi: “Al vernissage c’erano gli artisti ma non le opere, che sono nate sotto gli occhi del pubblico in tre giorni di happening”.
Boetti costruisce sul posto tre Colonne con migliaia di tovagliolini di carta smerlata da pasticceria, infilati su tre anime di ferro. L’opera è documentata da un reportage fotografico di Mario Cresci.
“Lo stesso giorno si apriva una mostra di Pascali all’Attico, esponeva i suoi Bachi da seta. Facevamo veramente la stessa cosa, infatti ci siamo molto stupiti, Pino e io, della storia: mentre io andavo a comprare i tovagliolini di carta in pasticceria, lui passava in drogheria per le spazzole colorate che avrebbe messe una accanto all’altra. Si era giunti al limite di una certa possibilità (…)”.
Il “Teatro delle mostre”, a cura di Maurizio Calvesi, si svolge alla Galleria La Tartaruga di Plinio de Martiis che ricorda così l’evento: “la galleria si trasformò in laboratorio (…) sembrava un palcoscenico o un set cinematografico”. In effetti l’esposizione, il cui originario sottotitolo era “Una mostra ogni giorno – dalle 16 alle 20”, consisteva in una serie di performance con coinvolgimento diretto del pubblico. AB propone Un cielo: “Boetti (…) monta un grosso telaio ricoperto di carta blu, al pubblico vengono affidati i chiodi. Dietro il telaio luci puntate. I chiodi utilizzati per forare la superficie blu (…) ognuno si produce la propria costellazione”.
Plinio de Martiis, portando avanti una sua speciale tradizione, chiese agli artisti di realizzare un “cartello segnaletico” delle performances.
Intanto a Torino si è costituito il “Deposito d’Arte presente”. In alcune foto d’archivio si vedono esposti alcuni lavori di AB: Panettone, Legnetti colorati, l’opera in ghisa Boetti appoggiata al muro e alcuni Cubi di plexiglass riempiti di materiali vari.
23 aprile, Galleria De Neuburg di Franco Toselli, Milano: personale con presentazione di T. Trini. Il titolo della mostra, “Shaman-showman”, corrisponde al fotomontaggio prima ricordato, che viene ingrandito come manifesto della manifestazione e affisso per le strade (esiste anche un’edizione serigrafica di dimensione ridotta). Più tardi Boetti commenterà:
“Showman e sciamano, perché sei sempre uno stregone quando lavori con la mano e la testa (…) e showman perché ogni tanto ti tocca fare anche questo!”.
Sul pavimento, trasformato in greto prosciugato, spiccano le Colonne, Un metro cubo, Panettone, Legnetti colorati (chiamati inizialmente Aiuola), un Pack galleggiante (opera effimera quanto l’istallazione generale)e, nascosto, il Ritratto in negativo.
Se la mostra da Toselli aveva rappresentato l’acme del coinvolgimento dell’artista nell’Arte Povera, la manifestazione autunnale ad Amalfi, “Arte Povera più azioni povere”, promossa da Marcello Rumma e curata da Germano Celant, ne segna l’esasperazione. L’intervento di Boetti è così descritto da Gilardi: “Negli Arsenali Boetti, accampato davanti all’ingresso, accumulava una trentina di gadget e campioni di materiali – tutti etichettati dalla sua galleria – dentro un quadrato di tessuto bianco steso al suolo”.
La mostra dunque segna una svolta radicale, l’allontanamento dall’Arte Povera:
“Con Shaman-Showman ho finito. Dopo ho fatto il lavoro di quarta quadrettata e una matita
per ricalcare. (…) La mostra di Amalfi è stata proprio la nausea della fine”.
In effetti nella stessa installazione di Amalfi erano già presenti lavori con una forte valenza concettuale:
“Vi erano tre pannelli di colori azzurri con tre Date, che avevo richiesto a tre donne in un futuro che a loro interessava, tra cui Anne Marie (…) io avevo l’idea dell’energia che può dare una data”.
Delle tre date solo una era riferita al passato, le altre si pongono come attese, appuntamenti con il futuro.
“Le date? sai perché sono molto importanti? Perché se tu scrivi ad esempio su un muro ‘1970’ sembra niente, ma tra trenta anni… Ogni giorno che passa questa data diventa più bella, è il tempo che lavora (…)”.
“Il tempo che lavora”: nel ’68 AB realizza un pannello ligneo con la scritta 1978, il cui sottotitolo è “l’arte tra dieci anni” e l’anno successivo inciderà in un dittico di legno una “lapide in fieri”: il centenario della sua nascita e la presunta data della sua morte.
Il tempo e la scrittura: sempre nel ’68 AB realizza alcune “azioni povere” che consistono nello scrivere su cemento a presa rapida dei versi tratti da Erodoto (Verso sud l’ultimo dei paesi abitati è l’Arabia), da Marcuse (Per un uomo alienato), da Rimbaud (J’ai embrassé l’aube d’été). Il tempo veloce della scrittura contro il tempo della materia. Tutte queste opere stranamente verranno rese pubbliche ed esposte solo venti anni più tardi.