A partire dal 1988 i ricami vengono realizzati a Peshawar (Pakistan) da famiglie afghane emigrate: non solo ricami piccoli (nascono alcune nuove frasi come Talvolta luna talvolta sole), ma soprattutto grandi arazzi di lettere. Di questi nuovi ricami, tutti predisposti nello studio romano al Pantheon con gli assistenti, verranno realizzati molti esemplari nell’arco di circa un biennio.
Nel montare le frasi “quadrate”, a scacchiera ma secondo schemi variabili, AB prevede quasi sempre l’inclusione di testi in farsi, da far scrivere sul posto dai capi famiglia o dai calligrafi di circostanza (mai dalle donne, per varie ragioni di ordine sociale interno); le scritte esprimono a volte un lirismo spontaneo, a volte accorati appelli militanti: “Colombe bianche piangono il Mahdi Ali e spiccano il volo, uomini pregano per lui. E tu guardi il giardino coperto di rose rosse – scritto da Sober” o ancora “Ricamato da Ali Ghiero Boetti assistito da Abdul Jalil Afghani, Peshawar, calligrafia di Mohammed Yasin. Non smetterò di lottare finché non raggiungerò il traguardo. Tanti mujahidin musulmanni hanno perso la vita come altrettante farfalle sul fronte, hanno resistito alla brutalità dei crudeli Russi”.
Va notato che anche quando si afferma a Peshawar la realizzazione di nuovi ricami, in particolare le Mappe con nuova proiezione cartografica e bandiere aggiornate a seguito dei conflitti politici degli anni ottanta, AB continuerà (attraverso i labili confini tra Pakistan e Afghanistan) a far lavorare alcune famiglie rimaste nel paese, come recitano altre iscrizioni ricamate: “Jagori Afghanistan 1989”. In tutti i ricami, AB scrive accanto alla propria firma “a Peshawar by Afghan People” o, nell’iscrizione ricamata lungo i bordi, dichiarazioni di questo genere: “A Peshawar in Pakistan AEB fece ricamare da sconosciute donne afghane nella primavera del mille nove cento ottanta nove” o altre varianti.
Di struttura differente e di particolare rilevanza sono i 50+1, la sequenza di arazzi quadrati in cui il testo di AB s’intreccia con le poesie del maestro Sufi Barang, opera che verrà esposta a Parigi, l’anno seguente, a “Les magiciens de la terre”.
Tutte le mostre personali dell’anno sottolineano la continuità tra la poetica degli anni settanta e le opere recenti (biro, ricami o disegni su carta).
Di particolare interesse due esposizioni che si tengono a Milano: “Alighiero Boetti – opere 1968-1981” presso la Galleria Massimo de Carlo e “Alighiero e Botti. ‘Alternando’ … tra tecniche diverse 1970-1986” presso la Galleria di Porta Ticinese in cui viene presentato il meccanismo concettuale di Alternando da uno a cento e viceversa dal primo esperimento in bianco/nero su carta quadrettata al ricamo, fino al lavoro su carta.
Le collettive sono di carattere storico e collocano l’opera di AB accanto a quella dei grandi maestri del Novecento. In aprile Luigi Meneghelli cura per la Galleria Studio la Città di Verona “20 anni fa” che verrà riproposta a Roma presso lo Studio d’Arte Contemporanea di Giuliana de Crescenzo. Nella collettiva sono esposti i lavori di Colla, Fontana, Leoncillo, Novelli, Pascali, Arico, AB, Gilardi, Paolini e Pistoletto; di Boetti sono presenti le cinque Colonne di carta e uno stucco su legno.
Giugno, Castello Estense di Mesola, “Mosaico e mosaicisti”, a cura di Laura Gavioli: la collettiva presenta opere di tutto il Novecento, da Severini ad Afro, da Sironi a Schifano. Boetti espone un grande mosaico legato iconograficamente ai fregi di animali e stilisticamente alla tradizione musiva classica.
Per quanto riguarda le collettive all’estero, oltre a quelle di Cambridge, Atene e Nantes, è di particolare rilievo “Chamber Scuptures”, promossa dalle Nazioni Unite, successivamente presentata al Museum van Hedendaagse Kunst di Utrecht, poi al Palais des Nations Unies di Ginevra e infine alla Fisher Gallery della University of Southern California.
Da notare, verso fine anno, la personale inaugurata il 20 dicembre a Roma, nella Galleria Pio Monti, “Piopermariemonti”. È esposta una serie di ricami “al quadrato”, realizzati appositamente con le sedici lettere che compongono “Pio per mari e monti”.
Il catalogo, a cura di Achille Bonito Oliva, si pone come un’ironica “opera collettiva”: sono riprodotti in correlazione da una parte il “ritratto” unico di ogni ricamo, differente ciascuno per la distribuzione dei colori e della manifattura, dall’altra il ritratto del suo acquirente.
“Ho disegnato circa centocinquanta parole che potevano disporsi in un quadrato. Oggi quando cado su un’espressione come ‘la forza del centro’, precetto yoga, so intuitivamente che il numero delle lettere che la compongono permette di formare un quadrato. Di ognuno di questi pezzi ho prodotto fino a cento esemplari. Ma ognuno è diverso per il colore e per lo stile particolare della donna che lo ha realizzato. Non è dunque né un’opera originale né un multiplo”.
AB acquista un nuova casa a Roma in via di Teatro Pace, dove si trasferirà successivamente dopo il restauro dell’89, mantenendo lo studio al Pantheon.