Febbraio, mostra personale da Franco Toselli a Milano, “Franco Toselli c/o Alighiero Boetti”. Sono esposti alcuni lavori postali, in particolare Centoventi lettere, basato sulle centoventi permutazioni possibili a partire dal cinque, in questo caso cinque coppie di francobolli italiani di valore e colore diversi.
Questa è la prima opera postale in cui le buste contengono dei “messaggi” da esporre fuori dalle buste: centoventi fogli di carta velina, ognuno con un disegno-puzzle (Pack) a inchiostro nero.
I disegni estratti dalle buste sono stati rilegati in un volume con copertina di tela rossa. Nel mese di marzo, Paolo Mussat Sartor riprende Alighiero Boetti nella sua abitazione in via Luisa del Carretto mentre scrive sul muro con entrambe le mani “Oggivenerdiventisettemarzomillenovecentosettantadue”.
Il 16 marzo nasce Agata, la figlia secondogenita. Dopo il soggiorno primaverile a Kabul, AB porta in Italia le prime Mappe ricamate di dimensioni medie (le due di dimensioni maggiori saranno terminate una nell’autunno successivo, l’altra solo nella primavera del ’73).
“Le prime reazioni furono terribili. Le persone erano infastidite. Bisogna dire che allora pochi artisti avevano fatto eseguire i loro pezzi da artigiani. Era per il pubblico dell’epoca insieme imbarazzante da un punto di vista concettuale e troppo ‘grazioso’. Ma tutti i collezionisti la volevano! (…) Sono torinese, ‘nordista’, ero allora molto più rigoroso, fin troppo rigoroso. A tale punto che non usavo mai il colore nei miei lavori. Andare a vivere a Roma mi ha fatto molto bene: ho optato allora per l’apertura, la generosità, sbarazzandomi di quel rigore eccessivo per il quale, di un’idea unica, si dovesse produrre soltanto un lavoro. Ma è stato Gian Enzo Sperone a convincermi definitivamente (…) Da quel momento mi sono diretto verso la strada opposta, la profusione. Ho assunto la serialità”.
Il numero di maggio della rivista “Data” propone in copertina il particolare di una Mappa. Nello stesso numero compare un articolo di Tommaso Trini dal titolo Abeeghiiilooortt.
18-30 giugno, “Alighiero e Boetti”, personale alla Galleria MTL di Bruxelles: è la prima volta che il nome appare con la “e”.
Entro l’estate AB è presente in quattro importanti esposizioni collettive, con scadenze serrate.
Il 29 aprile in “De Europa” (collettiva di tredici artisti europei) nella Galleria John Weber di New York espone Dodici forme dal 10 giugno 1967.
L’11 giugno, alla XXXVI Biennale di Venezia, curata da Achille Bonito Oliva, ripropone la sua performance di scrittura a due mani.
Il 23 giugno, al Festival dei due Mondi di Spoleto, nella mostra “420 West Broadway at Spoleto festival” espone la sequenza di Dodici forme dal 10 giugno 1967. Infine il 30 giugno a Kassel, nella V edizione di Documenta, a cura di H. Szeeman, presenta un Lavoro postale molto complesso, il primo realizzato a partire da sei francobolli (italiani) di valore e colore diversi. La possibilità di permutazione permette all’artista di arrivare alla cifra di settecentoventi buste affrancate e timbrate, indirizzate alla Galleria Sperone.
Nello stesso periodo ha persino affrontato la permutazione di sette francobolli (italiani), con cinquemilaquaranta combinazioni possibili, ovvero cinquemilaquaranta buste indirizzate in espresso a se stesso, Victoria Boogie-Woogie.
A settembre a Kabul predispone l’esecuzione del primo piccolo ricamo basato sulla quadratura di parole: nasce Ordine e Disordine, di circa 20 x 20 cm, ricamato in tanti colori. Avvia anche un altro tipo di ricamo il cui titolo I Vedenti si riferisce alla scritta centrale, che, imbricata nella trama multicolore, rimane al limite del percettibile.
A ottobre, tornando in Italia, raggiunge moglie e figli a Roma nella nuova abitazione in via del Moro 38, a Trastevere.
Inizia il ciclo delle biro “in negativo” (in riserva bianca su fondo tratteggiato a biro), riprendendo le varie modalità di scrittura del proprio nome, sia con le lettere che lo compongono, sia con il gioco alfabeto/virgole. La struttura di tutti i lavori a biro “scritti” con virgole bianche prevede che ogni virgola assuma valore di lettera se decifrata secondo l’asse cartesiano in cui una variabile è costituita dalla lettura da sinistra a destra, l’altra dall’alfabeto disposto sul bordo.
Aggiunge AEB, ALIGHIERO, AIIEOOEI/LGHRBTT (separando vocali e consonanti). Infine apparirà nel ’73 Ononimo, suprema variante della propria identità, neologismo che fonde i termini omonimo e anonimo: il lavoro è presentato in sequenze di undici fogli inseparabili (11 cifra prediletta) in blu o rosso, mentre altri Ononimo sono singoli (“isolato” come indica AB accanto alla propria firma).La campitura del fondo tratteggiata a biro, lavoro lungo e meticoloso, viene delegata ad altre mani, proprio perché l’anonimato e la diversità della “mano” fanno parte del progetto, anche se con una certa ironia l’artista evoca altri motivi: “Ho fatto eseguire molto spesso i lavori da altre persone, anche se vorrei moltissimo farli io. Mi piacerebbe da matti poter andare in campagna con un foglio di carta bianca e metterci sei mesi a riempirlo. Mi piacerebbe ma non posso. Non ce la faccio, dopo due minuti divento pazzo. Però siccome la cosa mi piace, trovo delle persone che lo fanno, un po’ come nei paesi musulmani dove se non puoi andar alla Mecca, paghi uno che ci va per te e fa le tue preghiere, dice tutte le tue cose…”.
La prima persona chiamata a intervenire nell’esecuzione è un’amica torinese, Gigliola Re, che, considerando il trasferimento di Boetti a Roma, aveva da subito rintracciato un altro collaboratore, romano.
Il numero 62 di “Bulletin”, rivista della Galleria Art & Project di Amsterdam, è dedicato a Boetti con riproduzione su doppia pagina, in bianco e nero, di un’opera postale: sei buste dall’Afghanistan, indirizzate a se stesso a Torino.