Dopo la lunga convalescenza, AB inizia una nuova vita, con abitazione nel quartiere di Monteverde al Gianicolo. Assume un terzo assistente fisso, il giovane artista fiorentino Andrea Marescalchi: ottimo disegnatore, sarà lui a copiare a matita fino al ’90 tutte quelle copertine di riviste che sempre più affascinano AB in quanto traccia dell’informazione di tutti i generi nonché del tempo che scorre inesorabile.
Con l’aiuto di “Bobo” Marescalchi e degli altri assistenti, AB avvia l’esecuzione di un notevole numero di opere, da tratteggiare a biro (su carta) o da ricamare (su tessuto).
Per le biro, si tratta di frasi già create nel decennio scorso come “quadrati” ricamati, scritte a stampatello o “nascoste” nel gioco delle virgole e rinnovate dall’incontro dei colori: ad esempio Amazzare il tempo, Sragionare/in lungo/e/in largo (blu/verde/rosso/nero) o, successivamente, Uno/nove/otto/quattro (blu/rosso/verde/nero) del 1984.
Per i ricami, non essendo mai cessati i contatti con l’Afghanistan occupato, AB riceve per posta, poco a poco, quelle Mappe da lui affidate alle ricamatrici nel ’79 e mai recuperate di persona. Sempre tramite servizio postale, spedisce nuove Mappe da ricamare, pezze di lino interamente disegnate nello studio di Trastevere, con l’indicazione del disegno e dei colori per le bandiere e la stesura, nel bordo, del testo che si delinea con forza come una sfida all’occupazione militare: “Alighiero e Boetti a Kabul Afghanistan nel 1983 il progressivo svanire della consuetudine” o ancora “Alighiero e Boetti a Kabul Afghanistan nel 1983 lasciare il certo per l’incerto e vice versa”. Almeno fino all’85 procederà con questo metodo la fabbricazione delle Mappe. Il tramite non è più Dastaghir, perso di vista nella sua fuga da Kabul occupata, ma Salman Ali, l’assistente che vive a Roma ma è ancora in contatto con i propri familiari, in parte rimasti a Jagori in Afghanistan, in parte rifugiati nel confine pakistano.
Oltre alle Mappe, AB farà ricamare in Afghanistan un certo numero di grandi ricami detti “di lettere”, ampie composizioni multicolori con frasi in stampatello. Questi arazzi “dai mille colori”, come recita più di un testo ricamato, sono veri racconti da leggere, in verticale o in orizzontale, come Addizione e Sottrazione da lui stesso datati ’83 e ’84.
AB è felice di aver ripreso l’attività ed è profondamente consapevole del filo conduttore che unisce la sua opera ormai matura: la centralità del tempo, la saggezza del lasciarlo scorrere. Tutto questo si concretizza, come sempre, tramite diverse tipologie di opere: immagini riprese da rotocalchi, superfici tratteggiate a biro, i ricami, le mappe.
Dialogo con Bruno Corà, dopo la convalescenza dell’autunno precedente:
“(…) Se in un fiume vai controcorrente arriverà il momento in cui, posto al bivio con un affluente, dovrai scegliere, andare a destra o sinistra. Invece se scendi, segui la corrente, non scegli mai. Io vorrei sempre seguire la corrente e non scegliere. (…) I miei lavori a biro sono dei concentrati di tempo, un tempo enorme, dilatato. Anche i ricami. E sono contento che per certi ricami occorrà a volte fino a cinque anni. Stranamente ho la pazienza di aspettarli, o meglio non li aspetto, arrivano quando arrivano”.
Con la ripresa del lavoro, le mostre si infittiscono, sia in Italia che all’estero. Tra le più rilevanti: Roma, febbraio, brillante personale alla Galleria Pieroni, dove espone quattro Pier Piet in diversi colori; I Mille Fiumi più lunghi del mondo, il grande arazzo (versione in bianco e nero) con la trascrizione ricamata dei nomi e delle lunghezze dei mille fiumi contenuti nel libro Classifying the thousand longest rivers in the world; infine alcune varianti (biro di diversi colori) di Clessidra Cerniera e vice versa.
Si susseguono altre mostre personali nel nord Italia, infatti AB risiede volentieri a casa dall’amica Lisa Ponti in via Randaccio a Milano.
In marzo, alla personale presso la Galleria di Franz Paludetto a Torino è esposta un’unica opera, la versione in bianco e verde de I Mille Fiumi più lunghi del mondo, appena tornata da Kabul.
Nel mese di aprile, al PAC in un duo con Carla Accardi, sono esposte insieme per la prima volta le due versioni (in bianco e nero e in bianco e verde) dell’arazzo I Mille Fiumi più lunghi del mondo. Le altre opere presenti sono di importanza storica: I sei sensi del 1973 in undici pannelli e Aerei del 1977, un grande trittico (175 x 300 cm) tratteggiato a biro blu.
Tra le collettive: “Trenta artisti italiani, 1950-1983” nella chiesa di San Samuele a Venezia; “Arte a Torino dal 65 all’83” presso il Kölnischer Kunstverein di Colonia; la collettiva organizzata per l’anniversario di dieci anni della Galleria di Massimo Minini a Brescia. In novembre, una collettiva alla Galleria Pieroni raduna gli amici di sempre: AB, Sol LeWitt e Giulio Paolini. Vengono presentati i primi disegni di copertine sotto il titolo Novembre 83, selezione di diciotto immagini di rotocalchi editi nello stesso mese.
L’anno successivo, AB esporrà questo pannello insieme a Ottobre 83 e Dicembre 83, raccolta trimestrale che prelude le ampie sequenze basate su annate intere (Anno 1984, Anno 1986, Anno 1988, Anno 1990).
A proposito di questo lavoro, AB dirà nel 1984:
“In quel mese, le immagini erano milioni. Oggi, forse sono un centinaio. Poi, rimarrà solo questa copia sbiadita di un tempo coloratissimo”.